La legge di bilancio 2019 non ha confermato il blocco degli aumenti di imposte e tributi locali, in vigore dal 2016 al 2018; la conseguenza di questa scelta potrà portare Comuni e Regioni a rivedere, in rialzo, le proprie aliquote delle addizionali.
Sino al 2016, prima del blocco, i Comuni hanno usato la leva fiscale (addizionali) per far fronte alle esigenze di cassa, a fronte dei tagli delle manovre di finanza pubblica.
Come sindacato abbiamo cercato di contenere gli effetti delle scelte sulle addizionali attraverso accordi con l’ANCI e la contrattazione con i Comuni, sostenendo la richiesta di progressività delle aliquote e la differenziazione delle stesse tra lavoro autonomo e lavoro dipendente o da pensione.
Tra il 2006 e il 2016, secondo uno studio di Confprofessioni, il peso delle addizionali è cresciuto di 7,5 miliardi (+82,4%), un aumento determinato dall’esplosione delle addizionali comunali (+181,9%) e regionali (+60%). Nello stesso periodo l’IRPEF è cresciuta del 14,1%.
La crescita delle addizionali comunali e regionali mette in evidenza anche il fatto che il carico fiscale cambia molto a seconda del Comune di residenza e la differenza, tra chi è meno tassato e chi è più tassato, si misura nell’ordine di centinaia di euro.
Il superamento del blocco porta il potenziale rischio di incremento delle addizionali, tutto dipenderà dalle scelte di bilancio che ogni Ente Locale farà nelle prossime settimane (approvazione bilanci entro il 31 marzo).
Ci sono ancora 6.782 Comuni che hanno margini di manovra per rivedere al rialzo le proprie addizionali, di questi 4.151 hanno ancora aliquota “zero”.
Confprofessioni spiega che, dopo tre anni di blocco, è presumibile attendersi un incremento consistente delle addizionali.
Il rischio rincari quindi è reale tenendo anche conto che la Flat Tax, per le “partite Iva” sino a 65.000 euro, in funzione di quanti sceglieranno il regime forfettario, potrà determinare un minor gettito fiscale che inevitabilmente sarà recuperato su altri soggetti o altri tributi locali.