Le donne costituiscono il gruppo sociale più esteso (in Europa il 50% della popolazione), un gruppo sociale ancora oggi discriminato.

Le lotte dei movimenti femministi negli ultimi 50 anni hanno determinato conquiste importanti sul versante dei diritti, delle pratiche sociali, della ricerca.

Nei vari continenti la condizione femminile è molto differente, ma rimanendo vicini a noi ci sono elementi che devono farci meditare, anche sul limite nelle pratiche della politica soprattutto di chi dice di voler lottare per un mondo migliore,  dove la parità tra i sessi sia pratica reale.

Le donne hanno sempre lavorato, dall’antichità ad oggi, hanno sopportato il lavoro domestico e l’altro lavoro, quello che porta disponibilità per la sopravvivenza.

Se leggiamo i dati esplicitati dal Governatore della Banca d’Italia, Vincenzo Visco, nelle sue  considerazioni finali presentate la scorsa settimana, colpisce questo dato: l’Italia ha un tasso di partecipazione delle donne  al lavoro inferiore di 8 punti dalla media UE, anche se negli ultimi 20 anni si è passati dal 47 al 56%, un incremento inferiore a quello registrato nel resto dell’UE.

Nel nostro Paese il tasso di attività degli uomini è ancora superiore di 19 punti a quello delle donne.

E’ accettabile che una grande potenzialità sia dimenticata? E’ o non è un tema che dovrebbe essere caro alla sinistra (la più estesa possibile)?

Cambio argomento: perchè il Piemonte nella scorsa legislatura, con un governo di centro-sinistra,  lo scorso 15 aprile ha bocciato la norma che punta a favorire l’equilibrio tra consiglieri dei due sessi nell’Assemblea Regionale?

Eppure c’è una legge nazionale  che chiede di andare in quella direzione (Legge 20/2016) e all’appello mancano poche Regioni: il Piemonte, la Calabria, la Liguria, le Marche, la Puglia.

Il risultato delle ultime elezioni regionali porterà in Consiglio regionale 3 donne elette e 4 che entreranno grazie al listino bloccato; 7 su 51 consiglieri,

E’ accettabile che le donne di questa Regione siano così sotto rappresentate? E’ o non è un problema di democrazia che dovrebbe essere caro alla sinistra (la più estesa possibile)?

Al temine  delle elezioni si parla sempre di distanza tra politica e problemi della gente; forse ricominciare anche da queste evidenze non sarebbe inopportuno.

Vi lascio queste brevi riflessioni, un saluto a tutt*

Franco Seren Rosso