La CGIL, in coerenza con le iniziative sindacali avviate nella precedente legislatura, chiede al Governo e al Parlamento delle risposte concrete sul tema delle pensioni, nella direzione indicata dalla Piattaforma sindacale unitaria, discussa e sostenuta dai lavoratori e dai pensionati, con una mobilitazione a cui va data continuità.
Vogliamo una vera riforma previdenziale, che superi strutturalmente l’impianto complessivo della Legge Fornero, i cui punti per noi più significativi sono:
- Ampliare la flessibilità in uscita per consentire una maggiore libertà ai lavoratori nell’accesso al pensionamento, con la possibilità di uscita a 62 anni, anche con un sistema di quote, e con i 41 anni di contributi senza vincoli.
- Rimuovere nel sistema contributivo i vincoli del 2,8 e del 1,5 volte l’assegno sociale, che penalizzano i bassi salari e le carriere discontinue.
- Introdurre una pensione contributiva di garanzia per permettere ai giovani e a coloro che hanno rapporti di lavoro discontinui, con basso reddito o bassa contribuzione, di poter raggiungere una pensione dignitosa.
- Superare la disparità di genere che penalizza le donne, valorizzare il lavoro di cura, prorogare “opzione donna”.
- Superare l’attuale meccanismo di adeguamento dei requisiti pensionistici all’aspettativa di vita, per quanto concerne il diritto alla pensione e il calcolo dei coefficienti di trasformazione, tenendo conto anche della diversità dei lavori.
- Riconoscere, in maniera più estesa ed efficace, la diversa gravosità dei lavori.
- Separare la spesa previdenziale da quella assistenziale anche ai fini di una corretta valutazione e comparazione dell’incidenza della spesa pensionistica a livello comunitario ed internazionale.
- Rafforzare la previdenza complementare e rilanciare le adesioni, anche garantendo l’effettiva libertà di scelta ai lavoratori.
- Tutelare il potere di acquisto delle pensioni in essere.
Grazie all’iniziativa sindacale, dei lavoratori e dei pensionati, in questi anni sono state introdotte alcune prime parziali modifiche della Legge Monti-Fornero con interventi a sostegno di alcune categorie di persone maggiormente coinvolte in situazioni di disagio e di bisogno.
Ricordiamo alcuni primi risultati raggiunti:
- le “salvaguardie” per superare il pasticcio determinato a danno dei lavoratori “esodati” (problema ancora non completamente risolto);
- i temi trattati in particolare nella “fase uno” di confronto con il Governo (prevista dal verbale di sintesi del 28.09.2016), come la pensione anticipata per i lavoratori precoci, l’Ape sociale, il cumulo contributivo gratuito, la semplificazione della normativa per i lavori usuranti, l’eliminazione delle penalizzazioni per chi ha i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata prima dei 62 anni di età, l’esonero dall’innalzamento dei requisiti pensionistici nel 2019 per i lavoratori gravosi e la parificazione fiscale nella previdenza complementare tra lavoratori pubblicie privati.
- per i pensionati, l’estensione della quattordicesima e l’aumento della soglia di esenzione fiscale a 8.125 euro.
Purtroppo, nella “fase 2” del confronto conclusa lo scorso novembre, il Governo non ha portato proposte coerenti con gli impegni che si era assunto sottoscrivendo il Verbale del 28.09.2016, e la Cgil, dopo aver espresso un giudizio di insufficienza su quelle proposte, ha promosso le manifestazioni del 2 dicembre 2017. È ora importante dare continuità all’iniziativa sindacale, in particolare nei confronti del nuovo Governo e del nuovo Parlamento, in coerenza con la Piattaforma unitaria che anche in questa fase rimane per noi la base del confronto.
Le proposte contenute nel “Contratto” del nuovo Governo non rispondono a questa sfida.
Si è passati dall’idea di cancellare la Legge Fornero, avanzata in campagna elettorale, a proposte parziali e generiche che poco hanno a che vedere con una modifica profonda del sistema previdenziale.
Nel Contratto si parla in particolare del ripristino del sistema delle quote e dei 41 anni di contributi per poter accedere alla pensione, temi importanti contenuti anche nella Piattaforma sindacale ma, pur mancando ancora una proposta formale e dettagliata del Governo, le ipotesi che stanno comunque emergendo sono del tutto inadeguate e, in certi casi, dannose per alcune fasce di lavoratori.
La proposta di quota 100 prevederebbe i vincoli di almeno 64 anni di età e 36 di contribuzione, con un massimo di due o tre anni di contribuzione figurativa (penalizzante per chi, ad esempio, ha avuto periodi di cassa integrazione, disoccupazione o malattia), e inoltre presupporrebbe il calcolo contributivo che determinerebbe un importo molto più basso della pensione.
Inoltre, se non dovesse essere prorogata l’Ape sociale (strumento sulla cui gestione permangono alcune criticità), potremmo trovarci con disoccupati, invalidi, lavoratori gravosi o che assistono persone non autosufficienti che non potranno più accedere al pensionamento anticipato con i 63 anni, con un posticipo della pensione che può arrivare fino a 4 anni.
Anche nel caso dei 41 anni di contributi (o come sembra 41 anni e 5 mesi), si prospetta l’ipotesi di un ricalcolo contributivo, che determinerebbe una forte penalizzazione. Inoltre, il paletto relativo al massimo di due o tre anni di contribuzione figurativa, anche in questo caso ridimensionerebbe di molto la platea dei potenziali beneficiari.
Con il paradosso che, se venisse abrogata la norma dei 41 anni per i cosiddetti “precoci”, vi sarebbe il rischio concreto che lavoratori tutelati da questa norma (disoccupati, invalidi, lavoratori che prestano lavoro di cura o gravosi) dovranno attendere molto per andare in pensione, in certi casi anche fino a 10 anni.
Inoltre, nel contratto di Governo non si fa cenno ad una soluzione strutturale per riconoscere il lavoro di cura e delle donne, l’ampliamento dei lavori gravosi, il sostegno alla previdenza complementare.
È quindi necessario che il Governo riapra il confronto con il sindacato per affrontare i punti indicati nella Piattaforma unitaria, per definire un nuovo sistema previdenziale sostenibile socialmente, che sappia tenere insieme tutte le generazioni, essere equo e incardinato sul pilastro pubblico.